Via libera alle micro-case con le nuove regole per l’agibilità

Alcuni emendamenti approvati dalla VIII Commissione Ambiente della Camera al decreto Salva Casa consentiranno la realizzazione di micro-case.

micro-case

Sistema trasformabile CLEI (photo credit Studio Roscio)

Cosa si intende per micro-case?

In questi giorni, per illustrare alcuni degli emendamenti approvati dalla Commissione Ambiente della Camera al decreto Salva Casa, si è utilizzata spesso l’espressione micro-case.

Con questa locuzione, o con altre espressioni come mini abitazioni o micro-monolocali, vengono indicati gli alloggi di dimensioni molto più ridotte rispetto a quelle a cui siamo abituati. In futuro saranno potranno essere considerati a norma, grazie alla modifica di alcuni requisiti igienico sanitari.

Ti ricordo che in Italia i requisiti igienico sanitari dei locali di abitazione, il cui rispetto è fondamentale per attestarne l’agibilità, sono dettati da un Decreto Ministeriale del 5 luglio 1975 di cui da tempo è annunciata una revisione.

In attesa di questa riforma organica, il decreto Salva Casa è andato a modificare soltanto alcune regole, ma tanto da consentire la realizzazione dei cosiddetti micro appartamenti.

Andiamo allora a dare un’occhiata a queste nuove disposizioni e vediamo quali sono le misure minime per poter definire una casa abitabile.

La superficie minima delle micro-case

Il DM 5 luglio 1975 fissa le dimensioni minime degli alloggi monostanza, ovvero i cosiddetti monolocali.

La superficie minima delle abitazioni di questo tipo, comprensiva dei servizi, non deve essere inferiore a:
• 28 mq, quando destinata a una sola persona
• 38 mq, quando destinata a due persone.
Parliamo quindi in entrambi i casi di monolocali con bagno (e non di bilocali come ho trovato scritto sul Sole24Ore).

La deroga inserita nel Salva Casa riduce queste superfici minime rispettivamente a 20 mq e a 28 mq.

Non nascondiamoci dietro un dito: abitazioni di questo tipo esistono già da tempo (e anche di dimensioni ancora più piccole), non solo nei centri storici ma anche in località di villeggiatura.
Tuttavia, a mio avviso, una cosa è utilizzare il monolocale da 20 mq come punto di appoggio durante le vacanze, altra cosa abitarci tutto l’anno…

L’altezza minima delle micro-case

Il DM 5 luglio 1975 stabilisce che l’altezza minima dei locali abitabili deve essere di 270 cm. Tale limite può scendere a 240 cm soltanto per locali come i corridoi, i disimpegni in genere, i bagni e i ripostigli.

Prevede inoltre che nei comuni montani al di sopra dei 1000 metri sul livello del mare può essere consentita una riduzione dell’altezza minima a 255 cm. Ciò in virtù delle condizioni climatiche locali e della locale tipologia edilizia.

Il Decreto Salva Casa concede un limite più basso rispetto alle misure vigenti, riducendo a 240 cm l’altezza dei locali abitabili. In questo modo sarà possibile utilizzare come abitazioni anche ad esempio locali seminterrati oppure sottotetti con altezza media pari a questa soglia.

Come provare l’abitabilità delle micro-case

Le nuove regole approvate non costituiscono una norma generale ma una deroga, che dovrà comunque rispettare alcune condizioni per poter essere applicata.

Il decreto prevede infatti che per considerare abitabili gli alloggi aventi le dimensioni previste per le micro-case, il progettista dovrà asseverare la conformità alle regole igienico sanitarie che ne confermano l’agibilità.

Il tecnico dovrà quindi dimostrare che queste eccezioni saranno condizionate all’esecuzione di interventi di recupero, prevedendo ad esempio un progetto di ristrutturazione che migliori le condizioni igienico-sanitarie dell’alloggio.

Si potrebbe trattare di lavori come:
• opere che assicurino una adeguata ventilazione naturale favorita dalla tipologia e dimensione delle finestre
• presenza di riscontri d’aria trasversali
• impiego di mezzi di ventilazione ausiliari, come la VMC.

Il ruolo degli Enti Locali

Attenzione: anche se queste modifiche normative saranno valide a livello statale, non è esclusa l’applicazione di norme più rigide in ambito locale.

Gli enti locali come Regioni e Comuni hanno infatti autonomia legislativa e statutaria in materia di edilizia e urbanistica e, già oggi, non è infrequente che i Regolamenti Edilizi prevedano dimensioni minime più ampie rispetto a quelle dettate dal DM del 1975.

Conclusioni

Insieme con le nuove norme per il recupero dei sottotetti e per i cambi di destinazione d’uso, queste modifiche normative hanno l’obiettivo di offrire sul mercato un maggior numero di alloggi, senza andare a incidere sul consumo di nuovo suolo.

Da tempo noi professionisti chiediamo una revisione dei requisiti di abitabilità stabiliti dal decreto del 1975, considerati ormai anacronistici. La direzione intrapresa dal Governo, tuttavia, non mi sembra quella ottimale.

Non capisco infatti come la diminuzione così drastica delle dimensioni vivibili degli alloggi possa contribuire a risolvere la carenza abitativa, la ricerca di sistemazioni per gli studenti e altri problemi simili.
Nulla lascia infatti presagire che la riduzione dei centimetri porterà anche a una riduzione dei costi per gli affittuari. Anzi, credo che questa opportunità stimolerà ulteriormente la speculazione edilizia con la creazione di edifici alveare dove i proprietari potranno ancor più frazionare i propri immobili a discapito di chi ha bisogno di una sistemazione per studio o lavoro.

A ogni modo, il testo del decreto 69/2024 dovrà essere sottoposto al voto di Camera e Senato prima di essere convertito in legge entro il prossimo 28 luglio.

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