Una risposta del Fisco chiarisce come va tassata la plusvalenza Superbonus, se un immobile è stato in parte acquistato ed in parte ereditato.
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Una risposta del Fisco chiarisce come va tassata la plusvalenza Superbonus, se un immobile è stato in parte acquistato ed in parte ereditato.
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La Legge di Bilancio 2024 ha introdotto una nuova regolamentazione in merito alla tassazione delle plusvalenze generate dalla vendita di immobili che hanno usufruito del Superbonus.
In particolare, la plusvalenza derivante dal Superbonus rientra ora tra i redditi diversi disciplinati dal Testo Unico sulle Imposte sui Redditi (TUIR). Ma cosa significa esattamente? In parole semplici, la plusvalenza Superbonus rappresenta il guadagno ottenuto dalla vendita di un immobile che ha beneficiato di interventi di riqualificazione coperti da questa agevolazione fiscale.
Questa normativa è stata pensata per evitare che il Superbonus, un incentivo nato per stimolare l’efficienza energetica e la sicurezza degli edifici, venga utilizzato con intenti puramente speculativi.
L’obiettivo è chiaro: scoraggiare la realizzazione di lavori agevolati con l’unico scopo di aumentare il valore di mercato dell’immobile, per poi venderlo a un prezzo maggiorato.
La plusvalenza immobiliare, in termini generali, rappresenta il guadagno generato dalla differenza tra il prezzo di acquisto di un immobile e quello di vendita.
Nel caso specifico del Superbonus, l’imponibile su cui calcolare le tasse è dato dal guadagno ottenuto dopo la ristrutturazione, per mezzo di queste agevolazioni fiscali.
La normativa si applica a tutte le compravendite di immobili eseguite a partire dal primo gennaio 2024 e impone una tassazione del 26% sulla plusvalenza specifica generata dal Superbonus.
La tassazione sulla plusvalenza derivante dal Superbonus è valida per tutti gli immobili che abbiano beneficiato di interventi coperti da questa agevolazione.
L’Agenzia delle Entrate ha precisato che non è rilevante se i lavori effettuati rientrino tra quelli trainanti o quelli trainati, né se riguardino esclusivamente le parti comuni del fabbricato o la singola unità immobiliare messa in vendita.
Di conseguenza, se hai intenzione di vendere un appartamento situato in un condominio in cui sono stati effettuati lavori sulle parti comuni, la plusvalenza sarà comunque soggetta alla nuova tassazione del 26%, anche se non ci sono stati interventi diretti nella tua unità abitativa.
Inoltre, non ha importanza chi abbia usufruito dell’agevolazione: il beneficio può essere stato richiesto dal comodatario, dall’affittuario o anche da un altro soggetto diverso dal proprietario che ne avesse diritto. Tuttavia, al momento della vendita, sarà quest’ultimo a dover pagare le imposte sulla plusvalenza.
Non tutti i casi di vendita di immobili che hanno usufruito del Superbonus sono soggetti però alla nuova tassazione.
La normativa prevede alcune importanti eccezioni:
• vendite effettuate oltre dieci anni dopo la conclusione dei lavori coperti dal Superbonus
• immobili adibiti ad abitazione principale del proprietario per la maggior parte del tempo di possesso
• abitazioni ricevute in eredità o mediante donazione o ancora per usucapione.
Queste esenzioni permettono ai proprietari di non essere gravati dalla tassazione in situazioni che esulano da intenti speculativi, come la vendita di una casa abitata per lungo tempo o trasmessa per via ereditaria.
Un caso particolare è stato sottoposto all’Agenzia delle Entrate da parte di una contribuente proprietaria di un immobile ottenuto in parte per acquisto diretto e in parte ricevuto in eredità. La domanda posta al Fisco era: come calcolare la plusvalenza in questa situazione?
Con la Risposta n. 208 del 23 ottobre 2024, l’Agenzia ha chiarito che, in tali situazioni, la tassazione deve essere calcolata pro quota, ovvero solo sulla parte dell’immobile acquistata. In sostanza, bisogna distinguere la quota dell’immobile ricevuta a titolo oneroso, su cui è applicata la tassa, e la parte ricevuta a titolo gratuito (come eredità o donazione), che resta esente da imposte.
L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato istruzioni dettagliate in merito al calcolo della plusvalenza derivante dal Superbonus nella Circolare 13/E/2024.
Per determinare l’importo su cui applicare la tassazione, è necessario calcolare la differenza tra il prezzo di vendita percepito e il costo di acquisto iniziale dell’immobile, opportunamente rivalutato. A questo si aggiungono eventuali spese inerenti, come i costi per ristrutturazioni o migliorie realizzate.
Prima del 2024, le spese sostenute per i lavori eseguiti grazie al Superbonus erano deducibili dalla plusvalenza tassabile, riducendo così l’imponibile.
A partire dal nuovo regime fiscale, non lo sono più se la vendita avviene prima di cinque anni dalla fine dei lavori. Se la vendita avviene dopo i cinque anni, lo sono solo al 50% del loro valore.
La logica dietro questa scelta è quella di evitare una doppia agevolazione che consentirebbe ai contribuenti di eseguire gratuitamente lavori che accrescono il valore dell’immobile e contemporaneamente vendere la proprietà riqualificata senza pagare tasse sulla plusvalenza generata.
Per gli immobili posseduti da più di cinque anni, il prezzo d’acquisto dell’immobile o il costo di costruzione vengono rivalutati in base all’indice ISTAT.
Con la Circolare 13/E/2024 l’Agenzia delle Entrate ha fornito ulteriori chiarimenti riguardanti la plusvalenza generata dal Superbonus.
Il documento specifica che la non deducibilità delle spese sostenute per i lavori si applica esclusivamente nel caso in cui si sia usufruito del Superbonus al 110%. Se invece i lavori sono stati finanziati solo in parte con l’aliquota massima e per il resto con aliquote inferiori, per queste ultime spese si applicano le misure previste dalla normativa fiscale ordinaria.
Quindi, la deducibilità è esclusa solo se il contribuente non ha sostenuto alcun costo di tasca propria per gli interventi effettuati.
Se il contribuente ha usufruito del Superbonus parte con la detrazione fiscale e parte con le opzioni della cessione del credito o dello sconto in fattura, le spese non concorrono al calcolo della plusvalenza solo per la parte che ha beneficiato dell’aliquota del 110% e per quella per cui è stata esercitata una di queste opzioni.
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