È notizia di oggi che il Decreto Salva Milano ha subito una battuta d’arresto: il Comune, in un primo momento favorevole, prende le distanze.
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È notizia di oggi che il Decreto Salva Milano ha subito una battuta d’arresto: il Comune, in un primo momento favorevole, prende le distanze.
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Con il termine Salva Milano si fa riferimento a un disegno di legge (la proposta n. 1987 del 24 luglio 2024) che, negli ultimi mesi, ha scatenato un acceso dibattito e suscitato numerose polemiche.
Il nome Salva Milano deriva dalla finalità principale del provvedimento: sbloccare circa 150 grandi cantieri del capoluogo lombardo fermi a seguito di presunti abusi edilizi.
Per comprendere la reale portata della norma, è necessario addentrarsi in alcuni aspetti tecnici della legislazione urbanistica ed edilizia che cercherò di rendere comprensibili con parole semplici.
Le irregolarità contestate riguardano interventi edilizi che hanno comportato la demolizione di edifici esistenti e la loro ricostruzione con parametri urbanistici completamente diversi rispetto a quelli originari. In termini pratici, si tratta di situazioni in cui piccoli fabbricati di due o tre piani o capannoni sono stati demoliti e sostituiti con nuovi edifici molto più grandi, spesso grattacieli di dieci o più piani.
Questi interventi sono stati realizzati presentando la SCIA alternativa al Permesso di Costruire, un titolo abilitativo che consente di avviare i lavori in tempi molto più rapidi rispetto all’iter del Permesso di Costruire. La SCIA prevede infatti che sia il progettista ad asseverare la conformità dell’intervento alle normative vigenti, permettendo così di iniziare i lavori senza dover attendere verifiche preliminari da parte dell’amministrazione comunale. Quest’ultima, comunque, conserva il potere di effettuare controlli successivi per accertare la veridicità delle dichiarazioni rese dal progettista.
Tuttavia, il Testo Unico dell’Edilizia stabilisce che la SCIA alternativa possa essere utilizzata esclusivamente nei casi in cui gli interventi siano previsti all’interno di piani attuativi o lottizzazioni convenzionate. Ma di cosa si tratta esattamente?
I piani attuativi sono strumenti urbanistici di dettaglio che servono a rendere concretamente operativi i piani urbanistici generali, come il Piano Regolatore Generale (PRG) o il Piano di Governo del Territorio (PGT).
In pratica, questi strumenti definiscono in modo dettagliato le trasformazioni urbanistiche ed edilizie ammesse in una determinata zona del Comune, regolamentando parametri quali altezze, volumetrie, destinazioni d’uso e distanze tra edifici.
Le lottizzazioni convenzionate sono invece strumenti urbanistici che regolano l’edificazione di un’area attraverso un accordo tra il Comune e un soggetto privato (ad esempio un’impresa di costruzioni o un consorzio di proprietari terrieri).
Gli interventi attualmente oggetto di indagine non rientrano in questo ambito, eppure sono stati avviati o realizzati tramite il meccanismo della Segnalazione Certificata di Inizio Attività. Questo ha sollevato dubbi sulla legittimità delle procedure e sulla corretta applicazione delle norme edilizie ed urbanistiche.
Il disegno di legge Salva Milano introduce una norma di interpretazione autentica secondo la quale, per gli interventi di sostituzione edilizia che prevedono volumi e altezze superiori rispetto a quelli preesistenti o a quelli consentiti dalla legge urbanistica del 1942, non è più necessaria la previsione specifica di piani attuativi o di lottizzazioni convenzionate se sono realizzati in ambiti edificati e urbanizzati.
Inoltre, la proposta stabilisce che le demolizioni e ricostruzioni, anche totali, realizzate all’interno del medesimo lotto, con edifici aventi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche, funzionali e tipologiche diverse rispetto all’originale, debbano essere considerate come interventi di ristrutturazione edilizia.
Questo implica che tali interventi possano essere autorizzati con SCIA, purché vengano rispettate le procedure previste dalla normativa vigente, nonché i vincoli volumetrici stabiliti dalla legislazione regionale o dagli strumenti urbanistici comunali.
Il Salva Milano assume così un potere condonatorio perché, attraverso una norma di interpretazione autentica, legittima ex post interventi edilizi che, secondo le attuali disposizioni normative, sarebbero illegittimi.
In altre parole, invece di imporre sanzioni o demolizioni per le costruzioni realizzate in modo non conforme alla normativa urbanistica, il decreto introduce una nuova interpretazione della legge che rende leciti interventi precedentemente non ammessi.
La presentazione del disegno di legge ha suscitato un ampio dibattito tra i diversi soggetti coinvolti nel settore urbanistico ed edilizio, con posizioni contrastanti tra tecnici, amministratori pubblici e operatori del mercato immobiliare.
L’UNITEL (Unione Nazionale Italiana Tecnici Enti Locali) ha espresso preoccupazioni in merito alla possibilità che il decreto consenta di derogare ai vincoli previsti dal DM 1444/1968, una normativa che stabilisce invece limiti inderogabili in materia di densità edilizia, altezze massime e distanze minime tra fabbricati.
Secondo l’UNITEL, un’applicazione eccessivamente permissiva delle nuove disposizioni potrebbe compromettere l’equilibrio urbanistico delle città e la qualità della vita dei residenti.
I tecnici comunali hanno evidenziato inoltre la mancanza di una chiara definizione normativa del concetto di rigenerazione urbana a livello nazionale. Questo concetto, spesso utilizzato per giustificare interventi di sostituzione edilizia e densificazione urbana, necessiterebbe di una formulazione più precisa per evitare interpretazioni discrezionali e garantire un’applicazione uniforme delle norme.
L’Istituto Nazionale di Urbanistica (INU) ha espresso critiche nei confronti del decreto, ritenendo che possa generare incertezza normativa e indebolire il ruolo dell’urbanistica pubblica nella gestione delle trasformazioni urbane.
Secondo l’INU, il provvedimento rischia di esautorare il controllo pianificatorio delle amministrazioni locali, attribuendo maggiore autonomia agli interventi privati e riducendo la capacità di pianificazione strategica delle città.
Al contrario, alcune associazioni di categoria, come l’ASPESI (Associazione Nazionale delle Società di Promozione e Sviluppo Immobiliare), hanno sollecitato un’approvazione rapida del decreto. L’associazione ritiene che lo sblocco dei cantieri in stallo rappresenterebbe un’opportunità cruciale per evitare una crisi economica e occupazionale nel settore edilizio, oltre a favorire importanti investimenti immobiliari.
È notizia di oggi che l’iter del disegno di legge ha subito un brusco rallentamento. Il Comune di Milano, inizialmente favorevole a una soluzione che permettesse di sbloccare i cantieri fermi, ha preso le distanze dal provvedimento in seguito agli ultimi sviluppi giudiziari.
A catalizzare il cambiamento di posizione dell’amministrazione locale è stata la notizia dell’arresto di un dirigente dell’ufficio urbanistica del Comune, avvenuto proprio ieri. Le indagini hanno rivelato che alcuni indagati avrebbero esercitato pressioni su parlamentari per favorire l’approvazione del decreto, alimentando sospetti su possibili conflitti di interesse e pratiche illecite.
Attualmente, il provvedimento, che aveva già ottenuto il via libera definitivo alla Camera, è in attesa di discussione in Commissione al Senato. Il termine per la presentazione degli emendamenti, inizialmente fissato a breve, è stato posticipato al 12 marzo, segnale di un possibile rallentamento nell’iter legislativo.
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Il futuro del Salva Milano rimane dunque incerto: da un lato, vi è l’esigenza di fornire risposte concrete al blocco dei cantieri e agli investitori; dall’altro, permangono forti dubbi sulla legittimità di alcune disposizioni e sulle possibili conseguenze in termini di pianificazione urbanistica e controllo del territorio.
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