Il reddito energetico è un contributo per l’installazione di impianti fotovoltaici, offerto alle famiglie in condizioni di disagio economico.
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Il reddito energetico è un contributo per l’installazione di impianti fotovoltaici, offerto alle famiglie in condizioni di disagio economico.
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Il cosiddetto reddito energetico è un sostegno economico per l’installazione di impianti fotovoltaici, destinato alle famiglie in condizioni di disagio economico.
Rappresenta in realtà un’idea già sperimentata a livello locale dalle Regioni Sardegna, Lazio e Puglia e ora ampliato a livello nazionale.
L’agevolazione consiste in un contributo in conto capitale, cioè a fondo perduto. Pertanto, l’aiuto economico ricevuto dai contribuenti non dovrà essere restituito col tempo e sarà possibile realizzare gli impianti a costo zero.
L’istituzione di questo Fondo era stata prevista dalla delibera CIPE n. 7 del 17 marzo 2020 per favorire l’autoconsumo energetico delle famiglie a basso reddito, ma le risorse sono rimaste bloccate a lungo.
Finalmente è diventato realtà con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 261 dell’8 novembre 2023 di un decreto del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, Picchetto.
L’obiettivo del decreto è duplice:
• da una parte, sostenere economicamente le famiglie più indigenti
• dall’altra, promuovere l’utilizzo dell’energia rinnovabile.
Nel provvedimento sono disciplinati:
• le modalità di funzionamento del Fondo
• i requisiti degli interventi e dei soggetti beneficiari
• le modalità di presentazione della domanda di accesso alle agevolazioni.
Vediamo allora quali sono i requisiti per usufruire di questa agevolazione e quali caratteristiche devono avere gli impianti.
Il fondo stanziato per gli anni 2024 e 2025 è di 200 milioni di euro ed è in gran parte (per l’80%) destinato alle Regioni del Mezzogiorno.
Per ciascuna annualità lo stanziamento è così ripartito:
• 80 milioni per Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia
• 20 milioni per le altre Regioni o Province Autonome.
La somma potrà essere incrementata con un versamento volontario da parte di amministrazioni centrali, Regioni, Province, oltre a organizzazioni pubbliche e realtà no-profit. Ma la stessa energia in eccesso non autoconsumata e immessa in rete dagli impianti realizzati andrà ad alimentare il Fondo per altri 20 anni.
Si tratta infatti di un fondo con natura rotativa, destinato a incrementare le risorse per erogare ulteriori contributi.
Gli impianti fotovoltaici che si possono costruire utilizzando questa agevolazione devono avere una potenza nominale compresa tra 2 e 6 kW ed essere realizzati da imprese abilitate alla loro installazione.
Talli impianti devono essere in assetto di autoconsumo e naturalmente devono essere collegati alle utenze domestiche delle famiglie che richiedono l’agevolazione. Il contratto dell’utenza dovrà essere intestato al beneficiario dell’agevolazione o a un componente del suo nucleo familiare.
L’autoconsumo deve essere assicurato almeno per un periodo di 10 anni, durante i quali dovranno essere garantiti:
• l’accensione di una polizza multi-rischi
• il servizio di manutenzione
• il servizio di monitoraggio delle performance dell’impianto.
Non rientrano invece nel finanziamento:
• i costi di esercizio connessi al servizio di misura dell’energia prodotta svolto dal gestore di rete competente
• gli obblighi risarcitori in caso di decadenza dal beneficio
• la disinstallazione di tutti i componenti di impianto alla fine del suo ciclo di vita.
Se vuoi usufruire di questo incentivo, l’immobile su cui andrai a installare l’impianto deve essere la tua residenza anagrafica ed essere accatastato nel gruppo A, con esclusione delle categorie A1, A8, A9 e A10. Queste ultime sono le categorie catastali che identificano uffici e abitazioni di lusso, per cui puoi comprenderne chiaramente l’esclusione.
Il contributo a fondo perduto sarà ovviamente riconosciuto soltanto entro un limite di spesa ammissibile.
Il decreto prevede che l’importo sia così ripartito:
• una quota fissa pari a 2.000 euro
• una quota variabile in funzione della taglia dell’impianto, pari a 1.500 euro a kWe.
Pertanto, considerato che sono ammessi impianti compresi tra 2 e 6 kW, la somma che ti potrà essere riconosciuta varierà tra 5.000 e 11.000 euro.
Puoi richiedere il contributo, se il tuo nucleo familiare ha un reddito ISEE fino a:
• 15.000 euro
• 30.000 euro con almeno 4 figli a carico.
Il reddito deve essere quello certificato per l’anno antecedente a quello in cui si presenta la domanda.
Non abbiamo ancora dettagli sulle modalità con cui dovranno essere effettuati i pagamenti. Quel che è certo è che, come richiesto dalle aziende del settore, agli installatori dovrebbe essere riconosciuto un acconto di almeno il 50%. Poi, a seguito dei controlli a campione e dell’erogazione del contributo, potrà loro essere corrisposto il saldo della spesa.
In questo modo si dovrebbe evitare che le aziende manifestino scarso interesse a effettuare i lavori, non potendo contare su una liquidità iniziale.
Ogni beneficiario può presentare una sola domanda. Le istanze saranno accolte secondo l’ordine cronologico, fino a esaurimento delle risorse a disposizione.
Al momento non sono ancora state pubblicate le modalità di presentazione delle domande, che dovranno essere inviate esclusivamente in via telematica.
I bandi contenenti le modalità attuative saranno pubblicati sul sito istituzionale del soggetto gestore incaricato dal Ministero, il GSE (Gestore dei servizi energetici S.p.a ), entro 90 giorni dalla pubblicazione del decreto MASE.
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Sul sito del GSE sarà anche possibile accedere alla piattaforma per l’inoltro telematico delle richieste.
L’istituzione del reddito energetico è sicuramente una notizia positiva perché rende possibile l’accesso all’energia prodotta da fonti rinnovabili a cittadini che altrimenti non avrebbero mai potuto aspirarvi.
Tuttavia, sarà importante la sua corretta pubblicizzazione perché i soggetti destinatari sono famiglie che hanno ben altre priorità per cui, se non adeguatamente informate, potrebbero restare completamente all’oscuro dell’opportunità offerta loro.
Sarà poi importante fare in modo che anche per le aziende installatrici gli interventi diventino appetibili per evitare che accada come in Puglia dove, di fronte all’incertezza del reddito energetico, hanno preferito lavorare con il Superbonus 110%.
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