Sanatoria per varianti ante ’77 nel Salva Casa: un colpo di scena per proprietari e professionisti

Il decreto Salva Casa ha introdotto una procedura distinta per sanare le difformità edilizie frutto delle varianti in corso d’opera ante ’77.

varianti ante '77

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Cosa sono le varianti in corso d’opera?

Le varianti in corso d’opera rappresentano modifiche a un progetto originariamente approvato che vengono realizzate durante l’esecuzione dei lavori.
In corso d’opera, infatti, possono emergere nuove esigenze o imprevisti tecnici che rendono necessario apportare cambiamenti, strutturali o funzionali, al progetto.

Se stai realizzando dei lavori oggetto di un Permesso di Costruire o di un altro titolo abilitativo e vuoi effettuare delle modifiche rispetto al progetto assentito, devi richiedere all’amministrazione competente l’autorizzazione a eseguirle. In caso contrario, realizzandole senza previa autorizzazione, comprometteresti la conformità urbanistica e normativa dell’opera.

Sarà quindi necessario presentare una specifica pratica, corredata da una nuova documentazione tecnica che giustifichi le modifiche e dimostri che non alterano negativamente le caratteristiche principali dell’intervento.

Cosa si intende per varianti ante ’77?

Il 1977 rappresenta una data spartiacque per l’edilizia italiana: il 28 gennaio di quell’anno segna infatti l’entrata in vigore della Legge n. 10, la cosiddetta Bucalossi.

Questa legge porta con sé importanti cambiamenti, il più rilevante dei quali è l’introduzione del regime di concessione edilizia in sostituzione della precedente licenza edilizia.

Inoltre, la legge introduce la possibilità di varianti in corso d’opera, una novità rispetto alla prassi precedente, che richiedeva la sospensione dei lavori e la richiesta di una nuova licenza per qualsiasi modifica al progetto inizialmente approvato.
Spesso, per evitare l’allungamento dei tempi, le modifiche minori non venivano comunicate, anche per la convinzione che non fosse indispensabile farlo.

Questa prassi ha determinato però una situazione critica per il parco immobiliare esistente, caratterizzato da:
• planimetrie catastali conformi allo stato reale degli immobili ma non al progetto approvato con il titolo abilitativo
• difformità degli immobili rispetto al titolo originario, spesso non gravi ma difficilmente sanabili.

Di conseguenza, molti edifici non possono essere né commercializzati né ristrutturati e non possono accedere ad agevolazioni edilizie. Risolvere questo problema è uno degli obiettivi principali del decreto Salva Casa.

A quali interventi si può applicare la sanatoria per le varianti ante ‘77?

La prima versione del decreto Salva Casa (decreto legge 69/2024) non affrontava esplicitamente le irregolarità relative al periodo antecedente al 1977. È stato solo con la conversione in legge n. 105 che il problema è stato trattato direttamente, attraverso l’inserimento del nuovo articolo 34-ter nel Testo Unico dell’Edilizia.

Questo articolo, rubricato Casi particolari di interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo, si concentra sugli interventi effettuati in parziale difformità rispetto al titolo abilitativo. La sanatoria prevista non si applica, quindi, agli interventi eseguiti senza titolo autorizzativo o in totale difformità da esso.

Per capire se puoi usufruire di questa sanatoria per regolarizzare un immobile di tua proprietà, è essenziale comprendere cosa si intende per parziale difformità. Il Testo Unico non ne fornisce una definizione esplicita, ma suggerisce che si tratti di violazioni a metà strada tra i limiti delle tolleranze costruttive e quelli delle variazioni essenziali, lasciando la definizione precisa alla legislazione regionale.

Dovrai quindi fare riferimento alla normativa della tua Regione per verificare se il tuo abuso edilizio rientra in questa fattispecie. In caso positivo, potrai richiedere la sanatoria, a meno che la difformità non possa essere considerata una tolleranza costruttiva, nel qual caso dovrà essere semplicemente attestata dal tecnico secondo le modalità previste dal decreto Salva Casa.

Come provare l’epoca di realizzazione dell’abuso edilizio

Per prima cosa, è necessario dimostrare l’epoca in cui è stata realizzata la difformità, che deve essere antecedente al 1977. Il tecnico abilitato (architetto, ingegnere o geometra) incaricato della pratica di sanatoria potrà attestarlo in vari modi.

Se la variante è stata realizzata in difformità rispetto a una licenza edilizia rilasciata, sarà sufficiente fare riferimento ai suoi estremi e a quanto previsto dal progetto.

Se invece l’edificio è stato costruito in un periodo in cui non era obbligatorio acquisire un titolo abilitativo edilizio (ad esempio, prima del 1942 o, a certe condizioni, prima del 1967), è possibile utilizzare altri documenti probanti, come:
• informazioni catastali di primo impianto
• riprese fotografiche
• estratti cartografici
• documenti d’archivio
• altri atti, pubblici o privati, di cui sia dimostrata la provenienza.

Questi documenti possono essere utilizzati anche quando un titolo abilitativo esiste ma non se ne dispone di copia o degli estremi perché, ad esempio, gli archivi sono andati distrutti.

Se invece è impossibile accertare l’epoca di realizzazione della variante con la documentazione indicata, il tecnico incaricato può attestare la data di realizzazione con una dichiarazione resa sotto propria responsabilità.

Si tratta di una importante assunzione di responsabilità, poiché per false o mendaci dichiarazioni sono previste pesanti sanzioni penali. Questa norma solleva interrogativi sul perché un professionista dovrebbe rischiare tali conseguenze…

Come richiedere la sanatoria per le varianti ante ‘77

Qualora si verifichino le condizioni richieste, ossia venga dimostrato che l’abuso consiste in una parziale difformità realizzata prima del 1977, potrai regolarizzare la situazione presentando una Segnalazione Certificata di Agibilità (SCIA) in sanatoria.

Attenzione: per questo tipo di SCIA in sanatoria non è necessario dimostrare la doppia conformità, nemmeno quella asincrona introdotta dal Salva Casa con la sanatoria semplificata.

Tuttavia, per ottenere la sanatoria sarà necessario pagare una sanzione pecuniaria, stabilita come segue:
• per interventi che avrebbero richiesto il Permesso di Costruire: il doppio del contributo di costruzione (se l’intervento è esente da contributo, è previsto un importo fisso), con un incremento del 20%
• per interventi che avrebbero richiesto la SCIA: una somma compresa tra 1.032 e 10.328 euro.

Come detto, per questa sanatoria non è richiesto il requisito della doppia conformità, ossia la conformità dell’intervento sia alla normativa urbanistico-edilizia vigente al momento dell’abuso sia a quella vigente al momento della richiesta di sanatoria.

Tuttavia, se il tuo intervento soddisfa comunque questo requisito, puoi ottenere una riduzione della sanzione. In tal caso:
• per gli interventi che avrebbero richiesto il Permesso di Costruire, non si applica l’incremento del 20%
• per gli interventi che avrebbero richiesto la SCIA, la sanzione sarà ridotta e compresa tra 516 e 5.164 euro.

Varianti ante ’77 e autorizzazione paesaggistica

Nel caso in cui la variante sia stata realizzata in assenza o in difformità dall’autorizzazione paesaggistica, anche con eventuali ampliamenti volumetrici o di superficie, sarà necessario regolarizzare anche questo aspetto richiedendo un parere di compatibilità paesaggistica.

L’intera procedura deve essere completata entro 180 giorni (questa è la tempistica richiesta per il rilascio del parere vincolante da parte dell’autorità competente e della soprintendenza). In caso contrario, si intende tacitamente approvata mediante il meccanismo del silenzio-assenso.

Questa norma si applica anche se il vincolo paesaggistico è stato imposto successivamente alla realizzazione della variante.

Conclusione del procedimento

L’articolo 34-ter stabilisce che il Comune adotti il provvedimento previsto con la procedura di SCIA, anche nel caso in cui venga accertato un interesse pubblico concreto e attuale alla rimozione delle opere. Tuttavia, non è chiaramente definito cosa si intenda per interesse pubblico concreto e attuale per cui si attendono chiarimenti su tale espressione.

Trascorsi i 30 giorni previsti senza che siano state richieste integrazioni o chiarimenti, il procedimento di sanatoria si considera concluso.




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